Parthenope e la brevità della giovinezza
“Le giovinezze hanno questo in comune: la brevità”: il film di Sorrentino in un dialogo impossibile
Nonostante sia primavera, inoltrata per giunta, imperversa un diluvio da far venire voglia di montare l’arca. Fuori dalle vetrine tempestate dalla grandine, solo la cacofonia dei clacson riesce a sovrastare i tuoni e la pioggia. Di qua dal vetro, si sente un pezzo Jazz, qualche chiacchiera composta, lo zac-zac ritmato di otto paia di forbici e, in lontananza, diversi phon i cui ioni negativi promettono di rispettare il capello.
Due Gen Z finti trasandati ma elegantissimi sono seduti su un divanetto blu di Prussia nell’angolo accanto alle vetrate. Il più giovane indossa un paio di pantaloni di fustagno leggero, giacca, gilet e maglietta. Tutto in fango, ton sur ton. L’altro porta un abito senza cravatta e un paio di sneaker rosse come la chioma e la barba.
Entrambi sono in attesa del loro turno per farsi tagliare i capelli dal famosissimo Umberto Bernardo Aloisi Balsamo Patchouli, il barbiere emozionale più famoso dell’intera metropoli. Sono seduti e aspettano, sfogliando tutto ciò che trovano a portata di mano. Hanno già letto Il Sole, il Corriere, il Foglio, l’Avvenire, Panorama e Famiglia Cristiana (insieme per la rima), quando entrambi allungano la mano curata verso Vanity Fair.
“Prego, lo prenda lei” dice il signor Fango.
“Si figuri, vada vada, lo legga pure” risponde Barba-rossa con un leggero accento francese.
“Ma guardi” - ribatte - è solo per far passare il tempo mentre il Maestro non mi chiama…”
“Allora lo prendo, sicuro?”
“Sicurissimo”.
Otto secondi più tardi il signor Fango emette un suono gutturale e prolungato. Sembra quasi il rumore di una vecchia Moka.
L’altro, infastidito quanto incuriosito, si sfiora la barba e poi gli chiede se abbia detto qualcosa.
“No, no, è che pensavo… Guardi qua” - dice il Vanity Fair mostrandogli un articolo sull’ultima fatica del regista Paolo Sorrentino.
“Bella ragazza” annuisce Barbarossa.
“Ma no, non l’attrice, che per carità, bella è bella, certo, ma dicevo la frase: ‘Le giovinezze hanno questo in comune: la brevità’. Non le suona stucchevole?”
“Stucchevole?”
“Sì, stucchevole, trita e ritrita. Banale come dire che l’acqua è bagnata…”
“Più che altro, se posso permettermi, signor…”
“Gualtiero Buzzoni, piacere”.
“Molto lieto, io sono Giuseppe Garibaldi”.
“Parente?”
“Decisamente. Diceva?”
Il signor Buzzoni (che a questo punto possiamo chiamare per nome) annuisce e poi incalza Garibaldi.
“Mi dica, mi dica. Più che altro, che cosa?”
“Circa la frase, la trovo falsa. O almeno non necessariamente vera”.
“Be’ be’ be’… - bela il signor Buzzoni - insomma… guardi, non so lei, ma a me la giovinezza è volata. Mi sembra ieri che ancora rubavo la Y10 a mia madre e tornavo alle cinque del mattino, ingozzandomi come un maiale, e poi alle nove, via in Bocconi, come niente, bello come il sole”.
“E oggi?”
“Oggi ho una Prius, un mutuo, due leasing, un ex moglie modello strega di the Blair With Project, e due Bulldog francesi…”
“Brachichefali, poverini…”
“Già, non me ne parli. Fatto sta che non posso mangiare quasi niente: e se mangio la pizza ci sono i lieviti, se bevo un bicchiere di Prosecco pure, e se mangio i legumi divento… lasciamo perdere… Per non parlare dello stress. Dell’insonnia. Delle preoccupazioni. Sono un vecchio! Non ho ancora quarant’anni e mi sento mio nonno”.
Garibaldi non muove un muscolo.
Buzzoni gli fa un cenno. Si vede che si aspetta di sentirsi dire “ma no, si sbaglia, la trovo in forma…”
Solo che Garibaldi scuote il capo.“ Secondo lei, signor Buzzoni, quanti anni ho?”
“Trentacinque? Trentasei? No, aspetti: trentadue!”
“Di più”.
“Quaranta?”
“Di più”.
“Non più di quarantacinque e, lasci che glielo dica, in ogni caso, se ne avesse davvero quarantacinque li porterebbe da dio”!
“Di più, signor Buzzoni. Ne ho 217, perché vede, le ho detto di chiamarmi Giuseppe Garibaldi, ma nel rispondere che sono un parente, le ho mentito. Giuseppe Garibaldi sono io”.
“Ma figuriamoci. Quel Giuseppe Garibaldi?! Uè, cos’è? Una candid camera?”
“Mi chieda quello che vuole e glielo dimostrerò”.
“No no, anche perché non è che mi ricordi molto di Garibaldi, okay, i Mille, certo, ma a parte quello… Nisba. Piuttosto, mi dica: ammesso e non concesso che lei abbia davvero 217 anni, come avrebbe fatto a mantenersi vivo. Domanda numero uno. E poi sano. E giovane. Domanda numero due…”
“Vuole saperlo davvero?” chiede Garibaldi.
“Come no”!
“Amo il mio microbiota e il mio microbiota mi ripaga amando me”.
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Buzzoni viene sfiorato sulla spalla della giacca marrone. Apre gli occhi.
“Ti sei addormentato, gioia?”
“Sì, ma ho fatto un sogno stranissimo”, dice al barbiere più famoso di tutta la città.
“Cioè?”
“Eh, niente, ho sognato che qui sul divanetto c’era un tizio che mi ha detto di essere Giuseppe Garibaldi, quello vero. Cioè. Capito? Proprio lui!”
“Ah sì” ribatte Umberto Bernardo Aloisi Balsamo Patchouli “è appena uscito”.
“Ma come è uscito? Mi prendi per il culo, Umberto?!”
“No, figurati. Garibaldi è un nostro affezionatissimo cliente. In forma, per altro. Parecchio. Non trovi?”
Il ruolo microbiota nel benessere umano, dentro e fuori.
La storiella di oggi è solo in parte fiction. La parte del parrucchiere più famoso della metropoli (una a scelta), nonché quella della scena di Giuseppe, vivo e in formissima1.
Il temporale invece è vero, come la primavera bislacca di questo maggio 2024. Altra faccenda vera che più vera non si può è il ruolo del microbiota nel benessere di noi umani.
Da come sta lui, anzi “loro, dipende buona parte del nostro benessere, così come dall’asse intestino cervello, di cui abbiamo spesso parlato2.
Il nome lungo del parrucchiere è un tributo a Leonardo Manera che interpreta lo chef emozionale Bernardo Ferruccio Ronchi Baronchelli.
Sull’asse intestino cervello: