Il decluttering per l'estate è emozionale
- Emozioni giuste, sbagliate, accettabili, non accettabili: come fare decluttering senza buttare via nulla ma accogliendo ciò che proviamo -
Mi chiamo ED42, Emozione Disfunzionale Numero 42, e vivo nell’ombra da sempre. Ogni volta che nasco (e credetemi, succede spesso), vengo subito nascosta.
La persona che mi ospita e che io chiamo “madre” non mi riconosce, proprio come certe pantere che guardano i cuccioli e scelgono: quelli giusti li tengono, gli altri li abbandonano nella foresta.
Mia madre però non è una pantera, ma una persona tutta di un pezzo che ogni giorno si sveglia e prima di andare a dormire risolve questioni di portata storica. Parole sue, non mie. C’è scritto anche sul suo profilo LinkedIn. Quali siano queste questioni è presto detto: fa cose, vede gente, e risponde al telefono cambiando voce e modi a seconda di chi chiama.
Negli ultimi anni, mi capita di nascere sempre più spesso, ma sempre con il medesimo effetto: ogni volta che io mi paleso, mia madre mi ignora, forte della convinzione di dover essere felice. A tutti i costi.
È così che è cresciuta: per la mia genitrice, non ha senso provare emozioni che lei ritiene sbagliate. Per distinguerle, ha una lista salvata nell’ippocampo. Una specie di green pass: se ce l’hai, sei un’emo degna di ascolto; altrimenti niente.
Non capita solo a me. Tutto ciò che non rientra nel suo elenco di emozioni “disfunzionali” resta nell’ombra, in una cantina che ricorda un po’ una sala d’attesa tipo ASL infernale, senza nessuno sparpaglia-code, senza reception: solo oscurità.
Le emozioni giuste e quelle sbagliate
In questo mondo frenetico, grande scuola di stereotipi e convinzioni che via via nascono crescono e vengono sostituite, ci siamo spesso abituati a pensare che alcune emozioni siano “giuste” e altre “sbagliate”.
Abbiamo imparato a credere che alcune di esse siano funzionali, adattive, in una parola, okay, e al contrario che altre non siano accettabili perché scomode, perché non consone, perché “se hai tutto, devi essere felice”.
“Devi essere felice e se non lo sei, vergogna"!”
Ecco la trappola della felicità1 a ogni costo: il mito di dover essere sempre felici e non potendo umanamente riuscirci, ecco allora il bisogno di mostrarci come tali.
Il contrario della medaglia è che quando non riusciamo a sentirci come il mondo vorrebbe, ci sentiamo in colpa e quindi quando proviamo emozioni che riteniamo scomode o sbagliate, cerchiamo di negarle, o metterle in “cantina”, ignorando il fatto che ogni emozione:
è valida e meritevole del nostro “Green pass”;
è un segnale che cerca di dirci qualcosa, una risposta a uno stimolo interno/esterno che sta provando a comunicare con noi.
Non solo: come ci ha insegnato la psicologa Lisa Feldman Barrett2, l’intensità di ciò che proviamo dipende dal nostro bilancio corporeo, anche se non ne siamo consapevoli.
Il problema è che reprimere/negare le emozioni non le cancella, ma le accumula nei meandri del nostro pensiero e il rischio è che alla lunga ci si senta bloccati in un vortice di pensieri ripetitivi, senza via d’uscita.
A proposito di accumulo, mai sentito parlare di “decluttering”?
Il decluttering è una tendenza che sta prendendo piede per liberare spazio e tempo nelle nostre vite. Nasce - in tempi recenti - dal saggio di Marie Kondo e da quello si è estesa attraverso i social.
Fare decluttering in casa significa scegliere di tenere gli oggetti che usiamo, liberandoci invece di ciò che abbiamo accumulato negli anni.
Farlo nei nostri pensieri e nei confronti delle nostre emozioni, richiede invece un processo diverso che parte dall’accettazione e termina in “ess”, come mindfulness.
È sempre decluttering, ma invece di buttare, qui lasciamo andare.
I pilastri del decluttering emozionale
Attraverso la consapevolezza e il decluttering emozionale, possiamo cominciare a fare pulizia mentale e affettiva, a liberarci dal peso delle emozioni negate, represse e accumulate in cantina.
Smettiamo di essere ossessionati dalla felicità a tutti i costi: la felicità è un momento ed è un picco, non una linea retta, né uno scenario teatrale. Invece di perseguire la felicità, proviamo a cercare l’equilibrio.
Proviamo anche ad abbandonare per un po’ un altro mito, quello del multitasking che ci fa guardare una serie Tv mentre giochiamo a Sudoku, rispondiamo alle mail, contiamo i like.
Godiamoci il momento, le cose che stiamo facendo e vivendo, e quando il momento non è dei migliori, ricordiamoci che ciò che proviamo è sempre valido.
Accogliamo le nostre emozioni, senza giudicarle, e quando sentiamo emozioni spiacevoli, chiediamoci anche come stiamo mentre le proviamo.
E poi impariamo ad accettare il disagio e i momenti meno “wow” come parte della nostra vita.
Come fare decluttering emozionale?
1. Riconoscere e dare un nome alle emozioni
Spesso sentiamo qualcosa di spiacevole, ma non sappiamo esattamente cosa sia e confondiamo emozioni diverse in un unico cluster. Dare invece un nome appropriato alle emozioni le rende meno vaghe e molto meno minacciose.
Gli inglesi dicono “name it to tame it” che sta per “dare un nome per domarlo/a”.
Prendiamoci qualche momento di ascolto interiore e chiediamoci:
“Cosa sto provando in questo momento?”
“Qual è la sensazione che si fa strada nel mio corpo?”
“Dove la sento e come si manifesta?”
C’è dell’altro: mettere le emozioni in parole produce effetti terapeutici sul cervello, come dimostra un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’UCLA e pubblicato sulla rivista Psychological Science3.
2. Semplificare e ridurre le emozioni accumulate
Come con il decluttering tradizionale, anche le emozioni richiedono uno spazio di “smaltimento”. Se ci sono emozioni che si sono moltiplicate e si sono impastate, basta un piccolo gesto: scrivere. Tenere un diario emotivo può essere molto utile.
Ne abbiamo parlato qui: L’INTELLIGENZA DEL JOURNALING PER IL BENESSERE INTESTINO CERVELLO4
Scriviamo ogni emozione senza censura.
Osserviamo le ripetizioni: ci sono schemi ricorrenti?
Possiamo anche disegnarle o rappresentarle con simboli, per alleggerire il peso e riconoscere quanto sono diventate ingombranti.
3. Praticare la mindfulness e l’accettazione
Una delle sfide più grandi è mantenere l’attenzione sul qui e ora, invece di lasciarci catturare dai pensieri o emozioni del passato o del futuro.
Il cuore del decluttering emozionale è l’arte di essere presenti e di accogliere tutto ciò che sentiamo, senza giudicarlo. La mindfulness ci insegna a osservare le emozioni come nuvole nel cielo, temporanee e in continuo movimento. Quando un’emozione difficile si presenta, proviamo a respirare profondamente e ad accoglierla senza tentare di allontanarla o di cambiarla. Ricordiamoci che niente dura per sempre. Accettare le emozioni, anche quelle spiacevoli, è il modo più efficace per ridurne il potere sui nostri pensieri e comportamenti.
4. Lasciare andare con il corpo e il respiro
Un’altra strategia di decluttering emozionale consiste nel lasciar andare tramite il nostro corpo. Ecco un esercizio di meditazione veloce e molto efficace.
Focalizziamoci sui piedi, sentendo come poggiano sul pavimento.
Immaginiamo di respirare in profondità, e a ogni espirazione, visualizziamo di liberare una parte dell’emozione che ci appesantisce.
Possiamo anche ballare, camminare, fare stretching, per “scuotere” via l’accumulo emotivo.
In momenti di forte emozione, respiri profondi e lentezza aiutano a ristabilire l’equilibrio.
Per esempio, la tecnica del "respiro 4-7-8": inspirare contando fino a 4, trattenere il respiro 7 secondi, espirare lentamente per 8 secondi. Questa pratica calma la mente e riduce l’energia delle emozioni tumultuose.
5. Smettere di giudicare e giudicarsi
Il giudizio negativo sulle emozioni alimenta il loop delle emozioni “sbagliate”, creando un vortice di colpe e sensi di colpa. Ricordiamoci che tutte le emozioni sono valide, anche quelle che riteniamo sgradevoli.
Come ci insegnano le neuroscienze e il modello dell’asse intestino-cervello, il nostro corpo e la nostra mente sono intrecciati in un dialogo continuo. Imparare a riconoscere, ascoltare e lasciar andare le emozioni che riteniamo sbagliate o disfunzionali significa rinnovare questa comunicazione, ridurre il carico inutile e ritrovare il nostro equilibrio umano.
Ricorda: non ci sono emozioni “giuste” o "sbagliate”, solo segnali che ci indicano qualcosa, un bisogno, una paura, un desiderio che merita attenzione.
Imparare ad ascoltarle, senza giudizio, significa anche abbandonare quell’auto-critica che ci dice “Se provo rabbia, sono cattivo”, o “Se sono triste, sono debole”.
Dal titolo dell’omonimo saggio di Russ Harris, “La trappola della felicità- COME SMETTERE DI TORMENTARSI E INIZIARE A VIVERE", Erickson Edizioni, 2024
”Come sono fatte le emozioni” di Lisa Feldman Barrett
Fonte: Lieberman MD, Eisengerger NI, Crockett MJ et al. Putting feelings into words: Affect labeling disrupts amygdala activity to affective stimuli. Psychological Science 2007; 18(5):369-468. http://it.health.yahoo.net