IBS e intolleranza al glutine: il gemello cattivo dell’effetto placebo
L'effetto nocebo in chi soffre della sindrome dell'intestino irritabile e si sente intollerante al glutine: la scoperta che conferma che non c'è solo l'effetto placebo...
Il placebo è quello buono, con la faccina tutta tenera e pucciosa modello Shirley Temple, che fa funzionare una cura con il potere della suggestione.
Per esempio ti dicono che stai prendendo un farmaco potente e tu come per magia ti senti subito meglio. Il che è come dire: se ci credi, funziona.
Il nocebo, invece, è quello cattivo, il gemello malvagio che cresce dentro di noi, ma nell’oscurità, come un Gollum sempre affamato che si nutre delle nostre paure.
Per esempio, ti dicono che hai un’intolleranza a un certo tipo di alimento e da quel momento ce l’hai davvero. Tutti i sintomi, fino all’ultimo.
Funziona per chiunque.
La nonnina boomer che legge le complicazioni del foglietto illustrativo di un prodotto da banco e nel punto elenco trova una serie di sintomi che si convince di avere.
La zia GenZ convinta di essere GRAVEMENTE intollerante ai carboidrati e se gli cucini un piatto in cui lei crede ce ne siano (messi apposta per farla soffrire) passa i due giorni successivi a maledirti via vocali WhatsApp dalla tazza del water.
Il designer Millennial che scopre di non digerire gli zuccheri (ma è solo una conferma, perché se lo sentiva da sempre…) e li esclude dalla sua dieta. Niente pane, pasta, birra, e dolcetto-scherzetto. Poi mangia la peperonata della nonna, tutte le domeniche, finché una sera sente un podcast che spiega come i peperoni siano frutti e non verdure e, da allora, se vede una peperonata sta da cani.
Succede poi che chi soffre di IBS - la sindrome dell’intestino irritabile (in inglese Irritable Bowel Syndrome) - si convinca che alcuni alimenti, come il glutine e in generale il grano, siano capaci di scatenare sintomi gastrointestinali. Anzi, che siano proprio loro i colpevoli del malessere. Ed ecco intolleranze e allergie1.
Il problema è che confermare la sensibilità al glutine è ancora molto molto difficile. Lo ripeto: molto difficile.
La diagnosi è ardua perché non esistono ancora biomarcatori affidabili per confermare la sensibilità al glutine o al grano, e i medici si basano in genere sulle auto-segnalazioni dei pazienti.
I dati, infatti, rivelano come circa un terzo dei pazienti con IBS si alimenti in modo disordinato e abbia percezioni sul cibo realmente capaci di scatenare i sintomi. Come, nei casi più gravi, la terribilissima ortodossia, l’ossessione per un’alimentazione sana.
Il sorprendente 'effetto Nocebo' dimostra che il glutine potrebbe non essere il problema dell'IBS.
Caroline Seiler, PhD, McMaster University, ricercatrice dell’Istituto Farncombe della McMaster University2, esperta in nutrizione, ha condotto uno studio clinico per scoprire se il grano, il glutine o un nocebo senza glutine causassero sintomi nell'IBS.
Al solito, due gruppi.
Al primo gruppo è stato dato da mangiare cibo con glutine o grano.
Al secondo è stato solo detto che il loro cibo ne contenesse (e invece no).
Il trial ha confermato che i sintomi provati dal primo gruppo (cioè da chi aveva assunto glutine o grano) non erano molto diversi da quelli del secondo che invece era solo “convinto” di averne assunto.
Le reazioni del secondo gruppo hanno ribadito la potenza del nocebo, quell’effetto che ci fa sperimentare sintomi a causa delle nostre convinzioni e aspettative su una sostanza che presumiamo ci stia causando problemi, ma che in realtà è inerte.
Scrivo confermato perché questo non è il primo di molti studi in tema.
A proposito di glutine, per esempio, abbiamo sia:
studi che hanno riscontrato che escludere il glutine è benefico;
studi che dicono che non ha alcun effetto significativo.
In pratica tutto e il suo contrario.
Simile è una ricerca pubblicata sulla rivista medica Lancet, una tra le pubblicazioni scientifiche più autorevoli e accreditate. Stavolta i pazienti con dichiarata sensibilità al glutine sono stati divisi in due macro gruppi, SENZA E CON, a loro volta suddivisi in altri due sottogruppi.
Ai primi due gruppi è stato dato del pane senza glutine, ma a uno di questi team è stato detto che conteneva glutine e a un altro che non ne conteneva. Agli altri due gruppi è stato dato del pane che conteneva glutine, con un gruppo che credeva che fosse senza glutine e l'altro che credeva che contenesse glutine.
I risultati hanno mostrato che i pazienti che hanno mangiato glutine e a cui è stato detto che stavano mangiando glutine hanno avuto sintomi significativamente peggiori rispetto agli altri tre gruppi.
Che cosa vuol dire?
Che nel bene e nel male funziona ciò in cui crediamo.
Il placebo ci fa stare bene.
Il nocebo male.
Il glutine, poi, è sempre più spesso visto come un grande nemico nonostante il povero glutine non sia il solo responsabile dell’aggravarsi dei sintomi della sindrome dell'intestino irritabile, ma anche altri componenti del grano, come i carboidrati fermentabili o le proteine immunostimolanti.
Eppure è proprio quello, il glutine, che siamo portati a considerare come il Male Assoluto, spesso sulla base di informazioni gonfiate o prese fuori contesto che contribuiscono a confonderci.
E la confusione, si sa, non aiuta nessuno. Men che meno chi soffre di IBS, la cui diagnosi e le relative cure purtroppo spesso non tengono in considerazione la componente psico-emotiva.
Se poi aggiungiamo che la comunità scientifica è divisa in fazioni, con membri che una volta sposata una certa teoria non la mollano più, il quadro si complica.
Ecco che quindi chi soffre di IBS procede per tentativi, navigando a vista tra ricerche spesso contrastanti, e saltellando da un rimedio miracoloso all’altro, diete incluse.
Il cruccio della McMaster University girava intorno al fatto i ricercatori che testano i pazienti con glutine, grano e/o nocebo, di rado riferiscono i risultati ai pazienti. Di rado, in gergo, sta per praticamente mai… Non dicendo loro nulla, non possono sapere come tali informazioni influiscano poi sul loro comportamento.
I ricercatori della suddetta università hanno deciso quindi di prendere una nuova strada. Fatti i test, hanno comunicato i risultati ai pazienti e poi li hanno seguiti per più di sei mesi, cercando di scoprire l’impatto delle info sulle loro convinzioni, sui comportamenti e sui sintomi.
Ed ecco la sorpresa, quella del titolo sul “sorprendente effetto nocebo”.
Anche dopo aver scoperto che la maggior parte di loro non reagiva al glutine o al grano, la maggioranza dei pazienti ha comunque continuato:
a pensare che il loro malessere fosse causato dal glutine;
a stare lontana dal glutine;
a sperimentare gli stessi sintomi.
In pratica quei pazienti, nonostante fossero stati edotti, non erano riusciti a cambiare idea.
A questo punto, la domanda è: quando le persone scoprono nuove informazioni in conflitto con le loro convinzioni, cosa può aiutarle a cambiare idea?
Nel trattamento dell’IBS, occorre considerare l’intestino come ciò che è, ossia una parte di un tutto fatto di corpo e mente. Di emozioni e reazioni. Di equilibri tra noi e chi vive dentro di noi (il microbiota, avete presente?).
Non solo ciò che mangiamo, ma cosa pensiamo di quello che mettiamo in bocca.
Allargando in quadro, cosa ci passa per la testa è sempre in relazione a come sta il nostro corpo. E viceversa.
Ecco perché nel trattamento per l’IBS può essere non solo utile, ma FAVOLOSA, anche la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) basata sull'esposizione, che in sole cinque sessioni, ha dimostrato di migliorare i sintomi dell’IBS.
“Anche” significa che da sola, per quanto appunto favolosa, non possa garantire miracoli. I miracoli, in tema di sindrome dell’intestino irritabile, scendono SEMPRE dalla stessa scala, un gradino alla volta.
Primo il sonno: metti a posto quello e il resto è in discesa.
Secondo il cibo: vedi sopra.
Terzo il movimento: idem.
E quarto il respiro e dunque mindfulness, meditazione, no-multitasking, ma stai sul pezzo, bro, che ti conviene.