Fatti un regalo, anzi due
Come resistere al Natale e agli eccessi alimentari (e non) di fine anno?
Alla fine di un anno che per noi corrisponde al 477 a.C1., nonostante fosse già passato il solstizio d’inverno, la temperatura si manteneva mite. In piedi tra le colonne del tempio maggiore, sulla sommità del Santuario di Esculapio2, il giovane Ippocrate fissava il manto di stelle riflesso sull’Egeo, lasciando correre lo sguardo dalle luci del porto di Kos fino alla costa turca. Si grattava la rada peluria del mento e visto da fuori sembrava parecchio assorto, forse incantato dal panorama, o forse perso in chissà quali riflessioni. In ogni caso, tanto concentrato da non sentire le urla di Empedocle, suo compagno di studi al tempio e grande amico, che si stava affannando a cercarlo.
«Ippocrate, Ippo, per Pan!, Ippocrate, dove ti sei cacciato?» si sgolava il povero Empy, mentre correva su per le scale del tempio maggiore. Finché non lo trovò imbambolato a fissare il vuoto e a grattarsi i suoi tre peli sulle guance paffute.
«Eccoti, dio dei fulmini!»
«Ah, ciao bello…»
«Come ciao bello?! Non mi sentivi urlare?»
«Scusa…» fece Ippocrate, serafico. «Mi cercavi?»
«No» rispose Empedocle «in realtà mi alleno a gridare il tuo nome a squarciagola mentre compio il periplo del santuario. Si sa mai diventi un gioco alle Olimpiadi…»
«Eh?»
«Lascia stare, era una battuta».
«Una battuta? E che cos’è una battuta?»
«Solo Standup Comedy…»
«E sarebbe?»
«Tipo una commedia, ma breve...»
«Non ti seguo, Empy».
«Fa niente. Scendi da lì, piuttosto. I tuoi ti cercano».
Ippocrate si voltò scuotendo i ricci lunghi fino alle spalle.
«Meglio di no,» disse «non stanotte».
«Che ti succede, Ippy? Hai mangiato troppo?»
«Esatto. Stanotte non c’è eucrasia tra i miei umori e siccome sono già pieno di collera, ci mancano solo i miei…»
«Senti, mi spiace tu sia discratico, però i tuoi sono venuti apposta…», rispose Empedocle.
«Io capisco ma uno: abitiamo a quattro passi. Due: non ho voglia di retorica. Tre: so già che cosa vogliono».
«Spedirti alla corte del persiano, immagino…»
«Già, e quei due sono troppo vecchi per capire le mie ragioni: non c’è dialogo. Per loro, come diretto discendente di Esculapio/Asclelapio, dovrei filare alla corte di Artaserse».
«O chi li sente, eh, gli dei?»
«È questo il punto, Empy: gli dei non c’entrano nulla con il destino degli esseri umani. Né con le loro malattie, né con la loro salute. Ma vallo a spiegare a Nefertiti e Tutankhamon3…»
Il giovane Ippy resisteva dalla primavera precedente. I genitori insistevano già da anni, ma lui non era ancora pronto per partire, e soprattutto non aveva nessuna intenzione di andare in Persia a lavorare per il sanguinario figlio di Serse, nipote del re Dario sconfitto a Maratona, e pronipote di Ciro il grande. Inoltre, se quella notte Ippy era salito sulla sommità del tempio maggiore, era perché stava combattendo contro quelli che lui già chiamava “umori” e che noi, 2500 anni dopo, invece chiamiamo solo gas.
Non era solo questione di dar aria alle trombe: la pancia di Ippocrate era così tesa da sembrare un dolentissimo tamburo. Le libagioni del solstizio d’inverno avevano appesantito il giovane che se di solito si nutriva in modo vario e molto parco, negli ultimi giorni aveva decisamente esagerato. E infatti si sentiva triste e al tempo stesso collerico (oltre a essere una bombola di gas con i sandali). Per questo, il diciassettenne Ippocrate, lo stesso che ancora oggi celebriamo come il padre della medicina moderna, non aveva voglia di affrontare i genitori.
«Meglio non parli con quei due, non stanotte» disse all’amico. «Anzi, fammi un favore: di’ loro che non mi hai trovato!»
Come vi dicevo nel mio ultimo post, le infiammazioni intestinali e la disbiosi (ossia la mancanza di equilibrio), possono portare a sintomi come l’ansia, la tristezza, la depressione e perfino la collera.
Nel nostro organismo è tutto collegato: organi, sistemi, funzioni, comportamenti e pensieri. La relazione tra l’interno e l’esterno è continua, direttamente connessa a come dormiamo, mangiamo, respiriamo, amiamo e siamo amati.
Gli stimoli che percepiamo (in gergo tecnico, “percetti”) dipendono da ciò che il nostro cervello - l’attico del post - è già disposto a percepire, ovvero è già abituato a riconoscere. Le reazioni che mettiamo in atto, comprese le “facce” che facciamo, e ancor prima, le emozioni che crediamo di provare, dipendono dal nostro specifico bilancio corporeo.
Tra dicembre e gennaio il bilancio corporeo è parecchio affaticato.
Durante le feste, anche ai più morigerati e controllati di noi capita qualche sgarro e, a quanto pare, fin dai tempi antichi. Le libagioni di fine anno risalgono infatti a epoche in cui si festeggiava il ritorno della luce del solstizio d’inverno.
La differenza è che long long time ago, i riti, le celebrazioni e gli annessi eccessi alimentari partivano dal 21 dicembre, appunto con il solstizio, e duravano solo pochi giorni, per poi tornare a una normalità in cui la maggior parte delle persone mangiava poco e si muoveva molto.
…per non parlare di chi viveva in assoluta povertà, e da mangiare non ne aveva quasi mai.
Al tempo di Ippocrate, più o meno come al tempo dei nostri bisnonni, il Natale era uno dei rari momenti straordinari dell’anno in cui concedersi qualche sfizio – una manciata di noci, due mandarini, un po’ di zucchero, una tavoletta di cioccolata, il cappone! – salvo poi tornare a una routine di erbette, minestrine, pane secco e croste di formaggio.
Lo straordinario che diventa la norma
Le nostre invece iniziano prima, in pratica subito dopo Halloween. A noi il cibo non manca. Semmai ne abbiamo troppo, quattro stagioni l’anno, sempre pronto (già pronto!), e sempre a disposizione.
In più, a peggiorare il quadro, noi ci muoviamo molto di meno.
Al crescere della comodità, il movimento fisiologico, cioè naturale4, degli umani è diminuito e con esso il dispendio energetico. Ecco perché il mondo ricco fa ingrassare più i poveri dei ricchi: chi ha meno risorse, si nutre di ciò che passa il convento. Il problema è doppio, perché i cibi industriali pronti:
costano meno delle materie prime;
per durare a lungo e gratificare il palato, devono essere lavorati e addizionati con sostanze che incasinano l’equilibrio del nostro microbiota.
Le esagerazioni partono a tavola, da uno sgarro all’altro. Montagne di salumi, formaggi, patatine e stuzzichini, solo per cominciare. E poi, a seconda delle regioni, lasagne, cannelloni, pasta fresca e secca, risotti mantecati e straconditi, capponi, cotechini, timballi e soufflé.
“C’è il panettone: non dirmi che non lo assaggi!”
“Due badilate di crema al mascarpone le vuoi, vero?”
“Non puoi dire di no alla torta della zia Mary…”
I pasticcini. I biscottini. Gli amaretti, gli amarini e gli amaroni.
La digestione rallenta. Il metabolismo soffre.
Il microbiota perde il suo – spesso già precario – equilibrio, andando in “disbiosi”. La stessa mancanza di equilibrio che il nostro giovane Ippocrate chiamava “discrasia”, letteralmente «cattiva mescolanza».
Quando il microbiota è in disbiosi, l’intero organismo ne ne risente:
la Barriera Vascolare Intestinale vacilla, indebolendo le nostre difese immunitarie;
la produzione di serotonina diminuisce, peggiorando il nostro umore e al tempo stesso anche la nostra produttività.
Ma non è solo questione di quanto (male) mangiamo.
Discrasie su tutti i fronti
Oltre al cibo, i nostri eccessi dicembrini comprendono i terribilissimi picchi di fine anno: gli impegni, le liste di tutte le cose che dobbiamo fare prima del 25, prima del 31, prima di capodanno.
Hai comprato almeno “un pensiero” per ogni membro della tua famiglia?
Hai trovato qualcosa di adeguato per i colleghi?
E per gli amici?
Non dirmi che ti sono sfuggiti i vicini…
A parte i regali, già stressanti di per sé, vista la ressa nei negozi, per molte categorie di esseri umani, dicembre è un periodo di super lavoro. Di iper-stress.
I commercialisti e i manager perdono il sonno per chiudere i conti e definire i budget. I negozianti non tirano più il fiato: parrucchieri invasi, centri estetici sotto attacco, pasticcieri, fornai e alimentari presi d’assalto. Profumerie con lo “sparpaglia-code” come all’ASL, come al banco dei salumi, e come in farmacia.
Le farmacie sono assediate da chi combatte influenze e Covid, e da chi litiga con l’intestino reso ancora più irritabile dagli eccessi, dalle corse, dalle aspettative e quindi dallo stress di fine anno.
Cosa fare, quindi? Come mettere un freno o almeno una toppa in previsione e durante gli eccessi di fine anno?
#1 Non tormentarti per gli sgarri.
Sappi che il tuo corpo è progettato da sempre per resistere alle grandi abbuffate seguite da periodi di carestia. Per esempio, potresti provare il digiuno intermittente oppure quello preventivo.
Digiuno intermittente: mangia solo, possibilmente in modo equilibrato e con cibi sani, entro un determinato intervallo di ore (ad esempio, dalle 10 alle 18) e non toccare più cibo per le successive 16 ore, limitandoti solo a bere acqua e tisane non zuccherate.
Digiuno preventivo: nelle 24 ore prima dei pranzoni e dei cenoni, bevi (acqua) e basta. Proprio come si faceva dalle mie parti, il giorno della Vigilia, come mi ha raccontato al bar questa mattina il caro Mario.
Mi raccomando, non avventurarti nel digiuno senza il preventivo parere del tuo medico, in particolar modo se soffri di malattie metaboliche (come ad esempio, il diabete di tipo II)
#2 “Hamna shida”: nessun problema
Lo stress ti strangola? La pancia brontola, e i nervi scattano? Il tempo non basta mai, la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo? Prova a fare come gli Hadza, un popolo di cacciatori-raccoglitori della Tanzania che sa che le cose brutte succedono, e prova a prendere la vita con un po’ di leggerezza.
Il loro stile di vita super rilassato risulta straordinariamente efficace nella gestione dello stress.
Spoiler: di questo approccio all’esistenza ne sto scrivendo nel mio prossimo libro – “STRESS: nuovi totem & vecchi tabù - apologia della moderazione e dell'equilibrio contro il logorio del transumanesimo5” – che tratta proprio di stress, di quello sano e funzionale che di fatto è un alleato, e di quello invece cronico che ci fa ammalare…
#3 Cambia lista: dal “to do” al “done”
La tua lista di cose da fare è infinita? Invece di fustigarti per tutte le cose che devi ancora fare, fai una lista di quelle già fatte, come suggerisce Olivier Burkeman.
La “done list” è una lista di cose fatte "che inizia vuota al mattino e che poi riempirai gradualmente con tutto ciò che realizzerai nel corso della giornata. Ogni voce è un promemoria incoraggiante del fatto che, dopo tutto, avresti potuto passare la giornata senza fare niente di costruttivo - e invece guarda cosa hai fatto! (Se sei in difficoltà psicologica, abbassa la soglia di ciò che può essere considerato un risultato: nessun altro dovrà mai sapere che hai aggiunto "lavato i denti" o "fatto il caffè" alla lista)”.
E dopo una grande abbuffata?
Ecco alcuni consigli pratici per aiutarti a smaltire il gonfiore.
• Bevi molta acqua. L'acqua aiuta a ripulire il sistema digestivo e a ridurre il gonfiore. Cerca di bere almeno 8-10 bicchieri di acqua al giorno. Benissimo anche the verde, tisane depurative, drenanti o allo zenzero (senza zucchero, mi raccomando).
• Fai un po’ di moto. Una passeggiata prolungata o un po' di stretching possono aiutare a stimolare la digestione e ridurre il senso di pesantezza.
• Evita i cibi ad alta densità calorica o ricchi di zuccheri aggiunti per un po’. Non farti tentare dai resti del cenone. Dopo un’abbuffata, qualche giorno di restrizione calorica aiuterà il tuo corpo a smaltire gli eccessi. Privilegia piccoli pasti leggeri, con verdura e frutta, un po’ di riso o pasta integrale e proteine sane (petto di pollo o pesce). Ottima un’insalata con pezzi di ananas e cetrioli conditi con un filo di olio e una spruzzata di zenzero.
• Assicurati di dormire a sufficienza. Il riposo aiuta il corpo a riprendersi e ridurre lo stress che può contribuire al gonfiore.
• Evita l’alcol e le bevande gassate che possono peggiorare la permeabilità intestinale, aggravare il gonfiore e irritare le mucose.
• Anche la fitoterapia ci viene in soccorso con diverse piante carminative e digestive (finocchio, anice, camomilla, carvi, cumino…) o colagoghe (cardo mariano, curcuma, menta piperita…) perfette per qualche tisana da sorseggiare lentamente davanti al fuoco del camino.
• Se la pancia resta tesa come un tamburo per diversi giorni, potrebbe essere sintomo di un’infiammazione da intestino permeabile o da stipsi. In questi casi, un ottimo rimedio per placare l’irritazione intestinale è un prodotto che i nostri batteri “buoni” producono naturalmente in condizioni di eubiosi: l’acido butirrico. Chiedi informazioni al tuo medico o al tuo farmacista di fiducia per integrare questo metabolita in caso di necessità.
Per il resto, goditela. E buon Natale.
Gli antichi Greci, ho scoperto, contavano gli anni in modo diverso a seconda delle zone: alcune città, usavano come riferimento le Olimpiadi, altre i nomi dei magistrati in carica. Siccome non sono riuscito a trovare un riferimento certo per il mio racconto, ho semplificato, aggiungendo 17 anni alla presunta nascita di Ippocrate (460 a.C.+ 17= 477).
Esculapio è il nome latino di Asclepio, figlio di Apollo e considerato il dio della medicina. A lui è intitolato il tempio nel quale Ippocrate pare aver studiato l’ars medica.
In realtà la consorte di Tutankhamon era Ankhesenpaaton, non Nefertiti.
Il movimento “naturale” è quello che facciamo per spostarci a piedi da un luogo all’altro, per costruire oggetti, preparare il nostro cibo; è il movimento che facciamo quando giochiamo, ci facciamo il solletico, balliamo, facciamo l’amore…
Il titolo è solo provvisorio. Sto cercando l’editore… Se conosci qualcuno che faccia l’editore o se stai leggendo queste righe e sei un editore, possiamo parlarne….