Che ho ragione me lo ha detto Nature, non il gazzettino dell'oratorio...
Da una Review pubblicata su Nature Gastroenterology & Hepatology, come ho scoperto di essere sulla buona strada per la cura della sindrome dell'intestino irritabile e le sue comorbilità
Vi ricordate del giovanissimo farmacista Gut-Brain Coach che non poteva proprio smettere di studiare? Orbene, giusto la scorsa domenica il giovanotto si è imbattuto in un articolo di Nature1 così illuminante da fargli temere di essere in preda a un bias di conferma2.
Il suddetto articolo presenta una panoramica sulla gestione multidisciplinare della sindrome dell'intestino irritabile (IBS) e delle sue comorbilità psicologiche, in particolare ansia e depressione.
In 10 punti, ecco cosa dice e perché mi trova d'accordo.
1. I numeri su IBS e ansia o depressione sono inquietantissimi
L’IBS colpisce tra il 5% e il 10% della popolazione mondiale.
Fino a un terzo di chi soffre di IBS soffre anche di ansia o depressione.
Non so a voi, ma a me l'aggettivo "mondiale" fa un po' paura.
2. Esiste una correlazione parecchio stretta tra intestino e cervello
La correlazione evidenziata dalla Review è così stretta che si parla appunto di “co-morbilità”, termine medichese che indica due o più patologie/disturbi che vanno a braccetto.
Il qui presente giovanotto non si stupisce, visto che alla base del suo Metodo Intestino Felice c’è proprio l’asse intestino-cervello e il relativo legame: un intestino senza pensieri favorisce il benessere psichico tanto quanto quello psichico e mentale aiuta il benessere dell’intestino e di tutti i suoi trilioni di abitanti.
3. La comorbilità di Ibs + ansia/depressione fa male alla qualità della vita
Focus su ansia e depressione: l’articolo sottolinea come le comorbilità psicologiche influenzino la gravità dei sintomi e la qualità della vita. Anche nel Metodo Intestino Felice queste condizioni sono considerate fattori chiave da trattare nella gestione dell’IBS. Il che ci porta al punto n. 9 dell'elenco e se riesci a non saltare gli altri
4. Non sempre la gastroenterologia è sufficiente
Ecco l’approccio integrato e multidisciplinare: servono interventi che combinino aspetti medici, dietetici e psicologici, enfatizzando l'importanza di un approccio integrato e magari anche di un relativo team per la gestione dell’IBS.
5. Cosa mangia il tuo microbiota?
Per far star bene l’intestino, occorre che il microbiota mangi bene (altro cardine del Metodo Intestino Felice), ovvero che tu lo nutra con varietà, stando alla larga (per quanto possibile) dai PRE-cibi: i pre-cotti, i pre-parati; i pre-confezionati, pre-insacchettati nella plastica che - lo ricordiamo - una volta dentro, non se ne va più.
6. Educazione IBSsiana
Per stare meglio, anche con il supporto di un eccellente GUT-BRAIN COACH, ti serve lo stesso elemento che occorre in terapia, ovvero l’alleanza terapeutica: in altre parole, se vuoi star meglio, devi volerlo. Devi decidere di volerlo. E poi devi smettere di auto-sabotarti. Il compito del GBC è far sì che tu ci riesca, seguendoti da vicino, lungo la scala del benessere, con semplicità e chiarezza, fino a far crescere la tua consapevolezza e costruire con te una buona abitudine dopo l’altra.
7. Mindfulness e psicoterapia
Per rendere più sereno il tuo intestino, strategie come la terapia cognitivo-comportamentale e la mindfulness possono essere straordinariamente efficaci, soprattutto perché migliorando la gestione dello stress, migliorano anche i sintomi dell’IBS.
8. Ibs: sempre ad personam, e non a spruzzo
I bravi ricercatori che hanno redatto l’articolo condividono con me l’idea che il trattamento dell’IBS debba essere adattato alle specificità di ogni paziente, basandosi su evidenze scientifiche. Ciò che funziona con Maria Assuntina non va per Gianfilippo; ciò che piace all’intestino di Roberta Giulia, lascia indifferente quello di Pier Paolo. L’unico modo che funziona davvero è un modo/cioè un #metodo pensato e disegnato sul singolo e super specifico essere umano.
9. La conoscenza aiuta. Sempre, soprattutto quando è spiegata bene.
Oh lo so che a volte mi esprimo in toni meno seriosi degli altri professionisti che si occupano di salute e benessere…
Ma non è affatto un caso. Quando ho deciso di condividere le mie ricerche (prima con il libro e ora con questo spazio) mi sono chiesto prima di tutto perché volessi imbarcarmi in siffatta avventura. Buona parte del mio perché è nel titolino qua sopra. Il resto lo trovi:
nell’introduzione di Intestino senza pensieri;
nella pagina “about” di questo blog.
Che, in sintesi, sta tutto nella seconda riga del mio profilo:
“Aiuto le persone con problemi di pancia a smettere di soffrire”.
E quindi, circa il tono, per decidere come scrivere, ho analizzato pro e contro di uno stile e di un tono un filino meno formale degli altri.
E, alla fine, ho scelto di occuparmi solo del benessere dei miei lettori, infischiandomene dell’ego. Il che ci porta all’ultimo punto di contatto tra il mio approccio e quello espresso dall’articolo.
10. La pozione magica non c’è. E nemmeno l’omonima pillola… l’esamino, la cura miracolosa, eccetera
Quello che invece c’è (e funziona!) è un intervento multisfacettatto, che si prenda cura contemporaneamente di tanti tantissimi sistemi, un passo alla volta, un gradino dopo l’altro.
Peccato che, a fronte di un 5-10% di persone che soffrono della sindrome dell’intestino irritabile delle quali un terzo sperimenta anche ansia e/o depressione, siano pochissime quelle disposte a scendere la scala del benessere. I più, purtroppo, cercano un rimedio istantaneo, preferendo girovagare da uno specialista all'altro, sottoponendosi a ogni sorta di test, in cerca - appunto - di una soluzione immediata.
"Nature Reviews Gastroenterology & Hepatology" - “ Irritable bowel syndrome and mental health comorbidity — approach to multidisciplinary management” - Heidi M. Staudacher, Christopher J. Black, Scott B. Teasdale, Antonina Mikocka-Walus & Laurie Keefer
Il bias che ci convince di avere ragione su una certa tesi sulla base di prove che confermano la nostra tesi.