Mondo plastico, microplastiche, e altri nanomostri che ti fanno (anche) ingrassare
La plastica: tutta intorno a te, e pure dentro
Maledette microplastiche!
“Se avessi la macchina del tempo, tornerei indietro ad ammazzare il piccolo Hitler”.
Lo dicono in tanti, al punto che lo stand-up comedian Ricky Gervais1 ne ha fatto uno dei suoi pezzi da battaglia.
I know it's a long shot, but if you ever invent a time machine and plan to travel back and kill baby Hitler, this is what he looks like2.
Se ce l’avessi io, la macchina del tempo, non so cosa ne farei, ma leggendo sei articoli (vedi note3) sui danni delle microplastiche che ingeriamo ogni giorno, inizio a pensare che dovrei fare un tour tra i laboratori di quella manciata di chimici che inventarono le plastiche4.
Dovrei andare a trovarli uno per uno, da ragazzi, e provare a convincerli a studiare agronomia, o puericultura. O, perché no, magari a iscriversi a un corso di teatro. “Sai ballare, Herr Brandeberg? E allora balla!”
“Tutto, fuorché la chimica…”
Forse farei bene a partire dall’America, poi tornare in Europa, andare in Belgio, in Germania, poi di nuovo in USA…
Breve storia della plastica
Di chi è la “colpa”? Chi inventò la plastica?
I primi furono due fratelli che nel 1870 cercavano un sostituto all’avorio nella produzione delle palle da biliardo e invece trovarono e subito brevettarono la formula della celluloide.
Una quarantina di anni dopo la celluloide, arrivò la bakelite, brevettata dal chimico belga Baekaland, un prodotto resinoso così duttile da prendere la forma degli stampi in cui veniva versato.
Due anni a seguire, il tedesco Fritz Klatte trovò il modo di produrre il polivinilcloruro (PVC). Quindi, nel 1913, dalla cellulosa, lo svizzero Brandenberger creò il cellophane; nel ’35 arrivò il nylon (poliammide).
Nel ’48, in Florida, ci fu il primo “party” Tupperware, davanti alla “ciotola meraviglia” prodotta da Mr Earl Silas Tupper, padrone di casa, nonché Founder dell’omonima futura multinazionale il cui fatturato supererà i due miliardi di dollari.
A partire dagli anni Cinquanta nel tessile, le fibre sintetiche iniziarono a sostituire quelle naturali, perché più “pratiche”. Perché più “moderne”, e nelle case il vetro cominciò a diminuire a beneficio del polietilene.
Dagli anni Ottanta, i polimeri presero a correre, di pari passo con l’accelerazione tecnologica, arrivando in breve a occupare buona parte dei mercati.
Oggi, anno domini 2024, la plastica è tutta intorno a te.
Come la banca e la compagnia telefonica in un paio di vecchi spot.
È di plastica la bottiglia di acqua. Di plastica il cavatappi, il porta bottiglie, il cellulare e la sua cover; di plastica i contenitori del cibo fresco, semi-lavorato, e pronto. Di plastiche sono fatti i nostri vestiti, che puzzano e pizzicano, ma almeno costan poco…
La plastica è “livella” sociale: la trovi nelle case dei poveri e in quelle dei super miliardari.
Le borse griffate LV? Plastica.
Le Panton chair originali? Plastica. Nella fattispecie, polipropilene stampato a iniezione.
E il tappeto?
Lo scopino accanto alla tazza?
Indovina.
La tenda della doccia. I duemila flaconi di shampoo e cremine. La confezione del formaggio di malga bio, prodotto a chilometro zero e pagato un leasing. La pellicola sulle banane e intorno ai ravanelli. Quella sul riso freddo messo in frigo la settimana scorsa.
La plastica è ovunque.
Non solo INTORNO A TE.
Non solo dentro e fuori dalle tue case e nelle tue cose.
Il problema è che la plastica è anche dentro di te.
Di me, di tutti quanti, esseri umani, e non, piante, organismi volanti, striscianti, ruspanti, e pure nuotanti, inclusi pesci e mammiferi acquatici.
Il primo problema riguarda il “fuori”.
Le plastiche durano un sacco (ere geologiche) e quando si deteriorano, con calma, tanta tantissima calma, poi non spariscono, ma si sfaldano in microparticelle.
Et voilà le microplastiche!
In pratica nanomostri più piccini di 5 millimetri che infestano ogni centimetro del nostro universo.
Pare che solo in Europa ogni anno si creino dalle 75.000 alle 300.000 tonnellate di microplastiche.
Le stime dicono che entro il 2060 (dopodomani…) tali nanomostri potrebbero costituire il 13,2% del peso totale della plastica nel mondo.
Il problema, come dicevo, è che le microplastiche non sono solo fuori, ma entrano. Attraverso il cibo, le bevande, le creme, i prodotti per la pulizia e l’igiene. Attraverso ciò che riconosciamo come “plasticoso” e che dunque – in teoria potremmo evitare– ma anche tramite ciò che non lo sembra affatto.
E una volta entrate, non se ne vanno e fanno danni.
La plasticosità del nostro mondo fa sì che non sia possibile comprare quasi nulla di edibile che non sia avvolto nella pellicola, o imbustato nella plastica.
"L'esposizione alle microplastiche nelle persone è onnipresente. Quasi tutti sono esposti alle microplastiche quotidianamente e quindi si tratta di un problema di salute pubblica globale”, ha dichiarato il prof. Kurunthachalam Kannan5, professore del Dipartimento di Pediatria della New York University Grossman School of Medicine e tra i ricercatori ed esperto di fama mondiale nella ricerca ambientale, con un particolare focus sull'identificazione, monitoraggio e valutazione degli effetti sulla salute di vari inquinanti ambientali.
Il danno causato dalle microplastiche è grave.
La scienza sta ancora cercando di misurare quanto.
Per ora si sa che alcune delle microplastiche ingerite restano nel primo tratto dell’intestino, come gli ftalati, di cui ho parlato nel mio primo libro “Intestino senza pensieri”.
Ftalati?
Li trovi, quasi certamente senza saperlo, anche qui: pellicole, teloni, rivestimenti per pavimenti, tubi, cavi, vernici, lacche ma anche smalti per le unghie e spray per capelli.
È ormai sicuro che alcuni ftalati fungono da xeno-estrogeni (per semplificare, scimmiottano il comportamento di certi ormoni) e quindi possono interagire con i recettori ormonali femminili o causare effetti anti-androgenici nell'uomo con abbassamento dei livelli di testosterone.
Bambine con il ciclo un po’ troppo presto.
Bambini pettoruti e voci bianche, dopo i baffi.
Fanciulli e fanciulle di diversissime età con i livelli ormonali fuori fase…
Si sa anche che le microplastiche inferiori a 20 micrometri possono causare una risposta immunitaria e potenzialmente danni alle cellule.
Si è dimostrato che inducono stress ossidativo e alterano il metabolismo energetico e degli acidi grassi.
Si è già scoperto che l'accumulo di microplastiche nel fegato e nei reni favorisce la crescita e l'accumulo di cellule grasse e altera il bilancio energetico, con conseguenti effetti sul peso corporeo.
“Lo sapevo. Non siamo pigri o voraci come pozzi senza fondo: mangiamo microplastiche! Ecco perché ingrassiamo”…
Ne parleremo…
Nel prossimo post, vedremo cosa succede al microbiota in presenza di microplastiche e come, secondo alcune ricerche, le microplastiche possono persino aumentare il rischio di obesità.
“ma se mai dovessi inventare una macchina del tempo e pensassi di tornare indietro e uccidere il piccolo Hitler, questo sarebbe il suo aspetto”.
Huang H, Wei F, Qiu S, Xing B, Hou J. Polystyrene microplastics trigger adiposity in mice by remodeling gut microbiota and boosting fatty acid synthesis. Sci Total Environ. 2023
Tamargo, A., Molinero, N., Reinosa, J.J. et al. PET microplastics affect human gut microbiota communities during simulated gastrointestinal digestion, first evidence of plausible polymer biodegradation during human digestion. Sci Rep 12, 528 (2022)
Fackelmann G, Sommer S. Microplastics and the gut microbiome: How chronically exposed species may suffer from gut dysbiosis. Mar Pollut Bull. 2019
No, sul serio non ucciderei nessun piccolo chimico.
Kurunthachalam Kannan, Ph.D., autore principale dello studio (5) e professore presso il Dipartimento di Pediatria della New York University Grossman School of Medicine.