Marco giura di non bere, ma il suo fegato dice che lo fa, eccome...
Il ruolo del microbiota nei problemi al fegato (anche degli astemi)
Marito e moglie litigano. Di solito vanno d’amore e d’accordo, almeno abbastanza, ma da un po’ di giorni la situa si sta facendo pesantissima.
Tutto ha avuto inizio con una dieta: pur non essendo in sovrappeso, Marco voleva perdere le famigerate maniglie dell’amore, ma prima di lanciarsi in un nuovo programma alimentare, aveva deciso di farsi fare le analisi.
Nel vederle, sua moglie Michela era andata su tutte le furie.
Uno dei principali problemi tra di loro riguardava il fatto che Michela adorasse il prosecco e che, viceversa, Mario fosse da sempre astemio.
Per la coppia di veneti, avere un astemio in famiglia equivaleva a un colpo al cuore.
“Allora mi hai sempre mentito?” gridò Michela sventolandogli in faccia i risultati. “Bevi, eccome se bevi. È il tuo fegato che finalmente mi dice la verità!”
“Guarda che è vero: io non bevo, non ho mai bevuto”.
“No, bello, tu mi dici le bugie!”
“Bugie? E cosa sono un bambino? Ti ricordo, Michela cara, che ho quasi cinquant’anni.”
“Eccolo, il tuo problema, caro Marco: sei un bambino che non ha il coraggio di ammettere che ogni tanto si fa un goccio. E, a quanto dicono le tue analisi, nemmeno ogni tanto…”
Le transaminasi di Marco, ossia gli enzimi indicati con le sigle GOT (o ALT) e GPT (o AST), erano altissime. Tipiche di un bevitore, e tutto fuorché santo.
Eppure, il povero Marco giurava e spergiurava che a lui l’alcool avesse sempre fatto schifo… Non lo sopportava proprio. Nemmeno un goccio, mai, in tutta la vita…
Ma tra i due, le cose non facevano che peggiorare.
Finché, un giorno, Marco prese il toro per le corna. Andò dal suo medico di base, gli mostrò le analisi e gli chiese aiuto.
Il dottore gli rifece fare gli esami del sangue. E poi un ecografia addominale, che mostrò il cosiddetto “fegato brillante”, così chiamato per l'anomala luminosità in corrispondenza dell'organo nelle immagini rilevate dall'ecografo. Non solo. Gli suggerì anche una Tac, oppure una risonanza magnetica.
Dopo le indagini, tuttavia, ogni risultato pareva confermare la situazione. Tranne l’ultimo, eseguito “tanto per”: una biopsia epatica, che permise di evidenziare i processi infiammatori in atto. L’ultimo esame consentì di capire che, sì, il fegato di Marco era compromesso da una steatoepatite, ma non da alcool. Tutto il contrario. Ciò di cui soffriva il povero ragazzo era una steatoepatite non alcolica (NASH).
La chiamano “steatoepatite non alcolica”
Oppure “steatosi non alcolica”.
È un tipo di epatite che colpisce anche il fegato di chi non ha mai toccato un goccio d’alcool, incluso il nostro povero Marco, tanto bistrattato dalla moglie.
Generalmente è dovuta a un sovraccarico del metabolismo delle cellule del fegato, alla prese con una quantità maggiore di grassi rispetto a quelli che riescono a smaltire.
Spesso si associa a colesterolo e trigliceridi alti, al diabete o al prediabete. È frequente nei pazienti in sovrappeso o obesi.
I sintomi
La malattia è infida perché procede a lungo senza necessariamente mostrare sintomi.
Quando questi compaiono, nelle fasi iniziali, possono includere:
Affaticamento e debolezza
Perdita di peso
Man mano procede, i sintomi peggiorano:
Febbre
Dolore addominale
Perdita di appetito
Nausea e vomito
Perdita di peso
Stanchezza
Ittero, vale a dire ingiallimento della pelle e della sclera, la parte bianca dell'occhio
Problemi nervosi, confusione, ansia, agitazione
Negli stadi avanzati, la steatoepatite non alcolica si collega a una serie di complicazioni anche gravi, quali:
Ipertensione portale
Insufficienza epatica
Varici, con probabili emorragie interne dei vasi dell'esofago
Ascite, ovvero ritenzione di liquidi nella cavità addominale con rischio di infezioni
Encefalopatia epatica, con danni tossici al cervello
A differenza della steatosi epatica, quella non alcolica fa sì che il fegato sia soggetto a processi infiammatori, cicatrizzazione e morte dei tessuti (necrosi), che alterano in modo definitivo la funzionalità dell'organo.
È una malattia epatica cronica che può evolvere fino allo stadio di cirrosi epatica e portare a insufficienza epatica.
Le cause della steatosi epatica non alcolica
Trovare le cause – ovvero risalire, come dicono i dottori, all’eziologia – della steatosi è complicatissimo. L’unica cosa per ora abbastanza certa è che sia dovuta a una serie di fattori.
Tra questi:
un processo infiammatorio innescato da proteine tossiche che danneggiano le cellule epatiche;
l’insulino-resistenza.
Tra le altre cause ipotizzate: un’alimentazione troppo ricca di grassi, di solito associata a sovrappeso e/o obesità, alti livelli di colesterolo e triglicedici nel sangue, diabete di tipo II, squilibri ormonali e l’abuso di alcuni farmaci, tra i quali gli antibiotici.
A tal proposito, l’abuso di antibiotici è spesso fonte di disbiosi intestinale. Ossia di un cataclisma che mina la popolazione del microbiota, la sua varietà e dunque il suo equilibrio.
Ricordiamo che “EUBIOSI” = okay
DISBIOSI= non okay.
Lo stato di disequilibrio - cioè la disbiosi - del microbiota fa sì che alcune specie di batteri proliferino a danno di altre.
Uno studio1 recente ha rilevato che la Klebsiella (una specie particolare di batteri) si associa fino al 60% di persone con la steatosi non alcolica. Le due controprove dello studio hanno dimostrato che:
il trapianto di un microbiota dotato di questi ceppi ha indotto la malattia in modelli animali;
l’eliminazione dei ceppi dal materiale del trapianto ha impedito lo sviluppo della malattia nell’animale da laboratorio.
Klebsiella?
Klebsiella è il cognome di un “branco” di batteri appartenenti alla famiglia delle Enterobacteriaceae. Si tratta di bastoncelli Gram-negativi dotati di una notevole capsula polisaccaridica che forniscono loro una altrettanto notevole resistenza alle difese dell’organismo che infettano.
Le klebsielle sono dappertutto: sulla pelle, nel cavo orale, nel tubo digerente, nel tratto gastro-esofageo per intero.
Quando, all’interno dell’intestino, alcuni ceppi di Klebsiella aumentano in modo eccessivo, possono produrre grandi quantità di alcool che a loro volta possono portare a gravi malattie epatiche, inclusa la steatosi epatica non alcolica.
Anche tra chi non beve.
Perfino, in casi per la verità molto rari, tra i bambini.
Yuan J, Chen C, Cui J, et al. Fatty Liver Disease Caused by High-Alcohol-Producing Klebsiella pneumoniae [published correction appears in Cell Metab. 2019 Dec 3;30(6):1172](#). Cell Metab. 2019;30(4):675-688.e7. doi:10.1016/j.cmet.2019.08.018