Il mobbing ormonale ai tempi dell'OZEMPIC
OZEMPIC riduce il senso di fame, e fa perdere peso... finché lo prendi
Mi chiamo Glucagon-like. Glucagon-like Peptide 1. Per gli amici Glu. Fino a ieri, sin dalla nascita, ho lavorato nel dipartimento “Incretine” (e non fate battute…), nel distaccamento ITC - Intestino Tenue e Colon.
Con questo video messaggio sto rassegnando le mie dimissioni.
Poiché molti di voi non mi conosceranno, è bene che io parta dal principio, ovvero dalla causa che dopo più di un anno e mezzo di mobbing mi porta a questa non lieve decisione.
…Tutto è iniziato con una PEC.
Nell’estate del 2018, la torre di controllo mi manda una direttiva per avvisarmi di un nuovo membro del mio team.
“Una risorsa giovane e preziosa, formata nelle migliori università”.
“Questa è bella!” dico ai miei, che invece stanno già pensando a uno stagista su cui riversare buona parte dei loro sbattimenti.
La firma era quella del direttore HR, per cui non mi restava che fissare un appuntamento e chiedere spiegazioni. Alla mia età e col mio profilo di carriera, non aveva senso mi affibbiasse un nuovo elemento. Certo, lassù non ne hanno idea, ma qui da noi ci vogliono decine di anni per formare e addestrare una molecola nuova.
Fatto sta che l’HR mi dà udienza, via call, ovviamente. Io e i miei siamo in posizione. Le cuffie vanno, le telecamere anche e i microfoni sono tutti in muto.
Alla call partecipano i rappresentanti di 367 divisioni. L’area I - I di intestino - occupa più della metà dei quadratini sullo schermo. E, no, non è per caso.
L’incontro inizia con le solite scenette: giro di tavolo, nome e funzione, saluti e ordine del giorno. Qualche altro minuto di preamboli ed ecco che una tizia del dipartimento “FuCeStA” (Funzioni Cerebrali Statistiche Archiviate) - condivide lo schermo. Nel vedere un Powerpoint, mi trattengo dal fare commenti.
La slide di apertura mostra un titolo in Impact 72:
"L'OBESITÀ È UNA MALATTIA CRONICA CHE COMPORTA UNA NOTEVOLE MORBILITÀ E MORTALITÀ A LIVELLO GLOBALE".
Ma va’?, penso io, han scoperto l’acqua calda.
La slide numero due continua:
“Secondo il CDC, il 40% degli americani è obeso e il 32% è in sovrappeso. L'aumento dei tassi di obesità rende gli Stati Uniti il paese più grasso all'interno dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), un gruppo composto da 38 paesi in Europa, Asia e Sud America. I tassi di sovrappeso e obesità sono aumentati costantemente dagli anni '80 sia negli uomini che nelle donne e continuano a crescere. Basta dare un'occhiata alle dimensioni medie del corpo mentre si aspetta l'aereo in un qualsiasi aeroporto degli Stati Uniti per rendersi conto della prevalenza del problema. Secondo le proiezioni dell'OCSE, tre persone su quattro saranno in sovrappeso o obese entro 10 anni”.
Vorrei prendere la parola per dire che ci dispiace per il continente americano, ma noi siamo in Europa. Ancora una volta, evito.
Sulla terza slide c’è un grafico a barre con tanto di immagini mnemoniche del nostro corpo: a dodici anni, a sedici, a trenta, oggi.
La slide numero quattro evidenzia una progressione che dovremmo conoscere tutti, visto che riguarda l’edificio/corpo in cui lavoriamo.
A questo punto, il direttore HR prende la parola e legge un discorso di un pedante, ma di un pedante, che ve lo risparmio. In sostanza, dice che di anno in anno, siamo ingrassati, facciamo sempre più fatica a svolgere i nostri compiti, e ad adempiere alle funzioni base. Vedo una trentina di uffici intestinali che annuiscono, il dipartimento Serotonina che scoppia in lacrime, il settore Cardio che si sgonfia e abbassa i ventricoli.
“Lo sappiamo tutti” continua l’HR, “e non si contano le volte in cui abbiamo fatto del nostro meglio per perdere peso”.
“Sì che si contano: sono 79”, dice l’ufficio Ippocampo.
“Se per molti individui l'obesità può essere un grave problema estetico e sociale, che compromette le opportunità di lavoro e le relazioni e spesso porta a discriminazioni ("fat shaming"), l'obesità gioca anche un ruolo importante nell'epidemia mondiale di malattie croniche non trasmissibili, che includono la sindrome metabolica, il diabete di tipo II, le malattie cardiovascolari, le malattie neurodegenerative e le malattie epatiche. Molti interventi già sperimentati in precedenza sono falliti a causa degli effetti collaterali o della mancanza di efficacia".
L’HR fa un cenno. “Ma oggi”… pausa drammatica… e passa alla slide numero cinque, sulla quale campeggia un solo nome, a pagina piena.
“OZEMPIC”
Sguardi a forma di punto di domanda corrono da un quadratino dello schermo all’altro.
L’HR aspetta e poi continua. Parla di “soluzione”, anzi di “rivoluzione”. Ride (da solo): “perché di fatto, le molecole sono in soluzione, ah ah!”
“Una punturina e passa la fame, ci pensate?” chiede, tutto giulivo.
Dice che grazie a questa “straordinaria risorsa” ci dimenticheremo l’affaticamento di tutta una vita. Scorderemo il disagio, la vergogna, gli occhi bassi davanti ai commessi che dicono che la nostra taglia non esiste…
“Da domani, potremo finalmente dire addio ai chili di troppo” urla, che quasi sembra un venditore di spazzole “ai valori sballati, al diabete, alla glicemia, all’iperlavoro del reparto miocardico…”
“Come?” domando io, senza nemmeno prendere la parola. Ho visto il carattere sulla slide: quello è il nome di una molecola sintetica… e già inizio a temere…
Intendiamoci: prima che mi diate del neoluddista, sappiate che sono sempre stato favore del progresso medico e che come tale non ho nulla contro i farmaci, a patto che:
se ne conoscano gli effetti diretti e indiretti, tanto a breve quanto a lungo termine, nel durante e soprattutto nel dopo;
vengano assunti cum grano salis, sotto controllo;
non siano presi con l’illusione che possano magicamente risolvere problemi accumulati in una vita intera.
“Voglio sapere come agisce questo Ozempic” ripeto. “Voglio le evidenze scientifiche, voglio gli studi, voglio i dati!”
L’HR sorride e fa un cenno all’archivio che subito, via We-transfer, condivide un file da mezzo Terabyte. Mentre il download è in corso, chiedo all’HR di rispondere alle mie domande.
“Ozempic funziona riducendo l’appetito e di conseguenza l’apporto calorico” dice lui che parla col tono di chi ha già comprato, e a scatola chiusa. È a questo punto che l’HR - mellifluo - mi rivela che sto per andare in vacanza, che me la merito una vacanza, e di non prenderla male.
“Qui nessuno ti incolpa degli scarsi, scarsissimi, rendimenti del tuo dipartimento, Glu.”
Prima che io possa ribattere - e ne avrei da ribattere, eccome - cambia slide e proietta un altro grafico a barre, con una linea rossa discendente che va di pari passo all’aumento di peso in blu.
Il mio dipartimento ha performance a dopo poco penose. Non siamo più bravi a comunicare con l’ipotalamo e ridurre l’appetito. Non interagiamo a sufficienza con pancreas per fargli produrre più insulina. In pratica, non siamo più “adeguati” a svolgere in modo puntuale il nostro lavoro. Se lo eravamo da piccoli, col passare degli anni, siamo diventati sempre meno efficaci.
“Inutili, direi”, aggiunge la faina.
È più forte di me. Quando è troppo è troppo. Mi metto a urlare che la colpa non è certo nostra: lavoriamo per un corpo che mangia schifezze dalle elementari, che prende la macchina per fare cento metri, guai le scale, che non dorme abbastanza, che se ne infischia del suo intestino, nemmeno sa di averlo…
“Me lo volete dire come facciamo a regolare il senso di sazietà in un contesto simile?!”
“È evidente che sei in burn-out”.
“Col piffero!” ribatto, esasperato. “Non sono in burn-out: sono stanco di processare cibi industriali, saltare da una dieta all’altra, perdere un chilo, due, dieci, e riprenderne un terzo in più. Sono stanco di lavorare gli ftalati plasticosi1 che il nostro corpo ingurgita, di vedere i costruttori di serotonina che bighellonano alle macchinette del caffè. Sono stanco di essere sempre stanco, di non riuscire a fare il mio lavoro, sono stanco di…”
“Esatto - mi interrompe lui - sei stanco, così stanco da non riuscire a capire che non ce la fai più…” sibila l’HR “e forse, anche, stando alle evidenze, che non sei più adatto al ruolo che copri. Come te, tutto il tuo dipartimento”.
Cala il gelo. Io e i miei ci lanciamo occhiate confuse, mentre l’HR ci ignora e proietta un filmato in cui si vede una squadra di giovanissime molecole, nuove di zecca. La squadra entra nei NOSTRI uffici, regola i NOSTRI contatori della fame, tocca tutto. In un lampo è fuori, già nell’area stomaco, dove la scena si ripete: entra, mette le zampe ovunque e subito lo stomaco inizia a rallentare. Poi esce, scende di nuovo da noi e senza nemmeno salutare, prende il discensore verso il retto e ci lascia.
Davanti alle immagini della semaglutide in azione, non posso non pensare a Mission Impossible, Fuori in 60 secondi, Io robot, Blade Runner e Terminator.
Da noi, il team sintetico OZEMPIC ha riportato i recettori della fame al punto di equilibrio, senza nessuna fatica. Nello stomaco, ha impostato un timer per rallentare la scomposizione dei cibi, e quindi la digestione. Altra scena: il video mostra il sole che tramonta, e poi di nuovo sorge. Alle otto in punto, entra un’altra squadra di molecole, anch’esse nuove di zecca, e ricomincia da capo. L’happy end è il nostro corpo, tra un solo anno: di nuovo in forma, tanto libero dalla fame da dover mettere un timer per ricordarsi di mangiare. In molti ridono, e applaudono.
Io e i miei, muti.
Ve la faccio breve.
All’arrivo di OZEMPIC, l’HR ha messo in “aspettativa” il mio dipartimento. Da allora, per un intero anno, la soluzione OZEMPIC è entrata in noi seguendo un ciclo preciso di somministrazioni, ed effettivamente noi abbiamo perso peso.
Passato il periodo previsto, dodici mesi appunto, io e i miei siamo stati richiamati nei nostri uffici. Peccato che buona parte del team, aveva passato un anno in vacanza… Siamo tornati, sì, ma la verità è che abbiamo perso un po’ di smalto nel fare il nostro lavoro… Ora di mesi ne sono passati altri sei, e il nostro corpo ha ripreso due terzi dei chili persi. In compenso, al posto delle belle braccia paffute di un tempo, ora abbiamo due tendoni svolazzanti…
Ho finito. Mi resta un’ultima considerazione, prima di andare, ed è rivolta ai cervelloni dei piani alti che si sono innamorati della semaglutide chiamandola rivoluzione…
Se invece di iniettarci una soluzione sintetica, per quanto apparentemente efficace nel breve periodo, aveste chiamato un lifestyle coach, per insegnarci ad adottare buone abitudini per poter mantenere a lungo il peso raggiunto, forse ce la passeremmo meglio…
OZEMPIC: CONTRO I CHILI DI TROPPO?
Il raccontino è, al solito, pura fantasia, ma la “soluzione” è vera. Ed è in commercio.
Si chiama appunto OZEMPIC ed è una delle due varianti approvate dall’FDA nel 2017 e dall’Ema nel 2018.
L’altra si chiama Saxenda, ed è l’analogo indicato nel trattamento dell’obesità.
Si tratta di una punturina, che appare come una soluzione isotonica, limpida, incolore o quasi incolore, iniettabile da una penna preriempita.
In 1,5 ml di soluzione, ogni penna contiene 2 mg di semaglutide, analogo del peptide-1 simil-glucagone (GLP-1) umano, prodotto con tecnologia del DNA ricombinante da cellule di Saccharomyces cerevisiae.
La sua funzione si manifesta riducendo il senso di appetito e la preferenza per gli alimenti ad alto contenuto di grassi.
Funziona?
Durante il trattamento, sì.
Dopo… Meno.
Siccome si tratta di una soluzione sintetica, cioè di un farmaco, e siccome ormai sappiamo che ogni farmaco, dal suo etimo, ha sia effetti benefici sia venefici, nella prossima puntata, vedremo cosa può succedere quando decidiamo di assumerla.
Gli ftalati sono sostanze chimiche utilizzate per rendere i materiali plastici più resistenti e flessibili. Entrano nel nostro corpo dal cibo, e una volta entrati, non se ne vanno. Sugli ftalati, leggi “Mondo plastico”
Fantastico
Anche se da fastidio ammetterlo le strade facili non ci portano a lungo ad avere un benessere fisico ed estetico permanente, a meno credo “non lo so” che non lo si faccia a vita.
Aggiungere sostanze non naturali all’ organismo mi sento di non volere proprio bene al mio corpo.
Per Primis me ne rendo conto di dare le scuse a non avere tempo per allernarmi ma comincio a capire quanto questo tempo sarebbe un regalo per la nostra quotidianità e ottenere un lunga vita in salute e bellezza genuina.
Non vedo l’ora Francesco di averti come Lifestyle Coach nella Mission Longevity!!!